Di Arianna Luci
28 ottobre 2012,Cosenza, un pomeriggio di pioggia e studio. E Altro.
Cosa sta facendo la mano sinistra? Il gomito destro, è troppo alto? E perché il mignolo sinistro non si allunga? Gira quella mano! Non essere pigra!Sii rigida con te stessa! Non essere rigida con il polso. Se fa male, vuol dire che non sei abituata. Non essere pigra! Controlla il suono, Suono, non rumore! Non muoverti in avanti con lo strumento, controlla! Sei tu padrone del tuo corpo. Ogni gesto è psicologico, sai già come andrai a muoverti. Non c’è tempo per lasciarti sorprendere da passaggi che non conosci. Se sei insicura, sporchi tutto. La parte ti domina, non vedi l’ora di arrivare alla fine e non comunichi nulla. Nulla è definito, non senti il ritmo né il senso. Ripeti dieci volte il passaggio, e se all’ultima ti viene impreciso, ricominci da capo. Fin quando non è pulito. Non essere presuntuosa. Senza tecnica non vai da nessuna parte. Come inerpicarsi su una scala a cui mancano i pioli. Scivoli sugli specchi, producendo rumore di graffi mancati. Ripeti, ripetilo ore, ogni giorno. Il metodo. Lo studio della tecnica è metodo. Ripeti. Non essere pigra. Ogni giorno. Ripeti. Sentiti, vediti dall’esterno, registrati se vuoi. Il primo critico di te stessa, devi essere tu. Cura ogni dettaglio, non lasciare nulla al caso. Non essere pigra. Non ci sono vie di mezzo. Percepisci lo spazio attorno a te. Lo sguardo non deve essere fisso, aprilo. Anticipa i movimenti. Bada all’equilibrio della piattaforma. E’ tutto uno spostamento di peso, non essere macchinosa. Non dormire. C’è uno spazio vuoto, corri a riempirlo. Tieni il tempo. Attenta ai rumori. Non uscire, non distrarti. L’equilibrio. Vai , sì, sii decisa!
Il fine nobilita i mezzi. Sarebbero solo un coacervo semovente di carne, un pezzo di legno e corde. Il mezzo qualifica il fine. La tecnica, l’esercizio costante e presente, attua la metamorfosi del corpo, del violino, di un qualunque strumento. La tecnica non ha mai fine, non è mai il fine. L’artigianato diventa gradatamente, per calcolata magia, Arte. In teatro, nella danza, come in musica. Cosa sto facendo ora? Come stanno le mie gambe sulla sedia? Che suono produce questa tastiera di PC, a quale velocità, con quale costanza? Gli occhi? Le mani sono fredde? Il laboratorio di teatro-danza, tenutosi al Piccolo Teatro Unical dal 15 al 26 ottobre a cura di Lindo Nudo e Antonella Ciappetta, inserito nella rassegna di attività delle residenze teatrali, sembra l’esatto riassunto degli insegnamenti di anni di conservatorio, applicati ad un solito semi-sconosciuto strumento: il proprio corpo. Partendo dal metodo di Eugenio Barba , allievo di Grotoski, volto ad una consapevolezza dell’espressione fisica in relazione all’altro, il percorso per-seguito è stato uno schiantarsi per terra ripetutamente , fino a rinascere metodicamente dalla propria forma in un’altra. “L’arte è sacrificio. Se non lo è, se non senti lo sforzo fisico, se non ti metti in discussione completamente, allora non stai facendo arte.” Il tema suggerito è ‘le morti sul lavoro’. Ricevi la notizia al telefono che tuo figlio è stato travolto nell’incidente in fabbrica. Sei l’agente che deve comunicarglielo. La tua amica è stata schiacciata dalla piastra degli hamburger al Mc , dov’eri quando lo hai saputo, come ti sei sentita, quanto ti manca. Il corpo inizia a vibrare, la pelle si assottiglia e si gonfia, lo stomaco si fa liquido fino alla gola, gli occhi sanno senza aver visto, la voce trema consapevolmente. Due ore lunghe una vita o più, di qualcun altro. Il palco scenico è un labile foglio di carta poggiato delicatamente su un ago, dove l’attore, esperto funambolo, intreccia con il corpo e la voce storie, sensazioni, percezioni, emozioni. Ti pungi continuamente se sbatti contemporaneamente agli altri all’interno della cruna; ne esci fuori col sudore del gruppo, ci ricadi per esser scivolato distrattamente sul sangue del compagno. Il foglio si piega, tracciato con il piombo dell’individualismo, e crolla il disegno. I corpi sono peli di bue che riscaldano la creatura in gestazione dello spettacolo, affresco sacro nello spazio e nel tempo, sulla tela del pavimento. Non sono macchie gocciolate a casaccio. Anche il più grande Pollock dipingeva d’istinto razionale, prevedibile, ripetitivo. Al massimo macchiati il caffè e non ciondolarti ora, vai a studiare!