Lisboa 18 marzo 2014
Qualcuno è ancora fuori a fumare, una signora esce per andare in bagno, ignorando i servizi proprio a lato della sua poltrona, distratta del verde luminoso della toilette in sala che indica anche l’uscita di sicurezza; il pubblico riempie di mormorii l’attesa. Insolitamente in anticipo stasera, alle otto e un quarto il foyer già chiacchiera della pioggia, di dove andare a mangiare dopo lo spettacolo, dell’attore, il regista, il prete. Alle nove meno dieci già facciamo sala. Saranno i ritmi europei come dice Lindo, ma aprire le porte con un anticipo di quasi mezz’ora rispetto alla consuetudine , mi chiude la finestra dello stomaco . Ho un senso di preoccupazione a lasciare che questo plotone di gente distratta e distorta di questa sera invada il rosso delle poltrone; mi ruba quei dieci minuti in botteghino con Cetti e Noemi; la bottega dell’umore, che si risolleva sempre a racContare biglietti, a barattare risate trattenute o risposte in adeguate-a volte, sempre- con la voracità della gente di entrare per di-vertire. Vertere di qua o di là, comprando a basso prezzo il rilascio della responsabilità di morire, uccidere il padre, abbandonare, sentire, amare, scaricando a quel povero cristo dell’attore l’aceto e il fiele, dolci, della passione. Buonasera, buonasera, salve buonasera, prego, buonasera, si tutto bene, buono spettacolo, buonasera. Senza parlare, Alessandro mi fa cenno che possiamo chiudere le porte. Lascio gli ultimi residui di biglietti in botteghino, prendo la mia moleskine, il rosso della poltrona accoglie l’ansia di specchiarmi ai gesti o alle parole sotto al sipario, si abbassano le luci. Si alzano. Mi distraggo, colpa del palco, merito mio, mi perdo ad appuntare i pensieri di questo ultimo spettacolo prima di lasciare la famiglia del PTU per un po’. PTU , sembra il suono di uno sputo, di quelli che ti danno energia quando corri per asciugare la salivazione, e riequilibrano il passo. Piccolo Teatro che mi ha presentato in un anno e mezzo i miei ventun’anni. Applaudono, sono uscita prima della fine, irrispettosa per chi rispetta molto più la sua vanità che il lavoro. Lo sguardo saggio come di un bambino di Monis mi saprà far cogliere quello che ho buttato via di fretta. I commenti rubati agli spettatori e i confronti grondanti dalla fronte aggrottata di Luigi sono materiale da appuntare per riportare le impressioni sul blog. O forse questa volta porterò solo queste espressioni nostalgiche.
Questo legno lo sento mio e nostro. Il teatro è proprio un MiOSTRO
Un abbraccio a voi Graziella, Francesca, Ciccio, Maddalena, Iris, Gennaro, Franca, Alessandra,
Maria, Francesco Vo, Marianna, Paolo Mauro, Max, Stefania, Chiara, Costantino, Betta, Fortunato, Ester, Manolo, a chi è in altri dove di mondo Maria Cristina, Paolo.
E chi ho dimenticato, perché non ho coordinato bene la memoria in testa nel corpo nel cuore.
Até ja os meus amigos!
Beijinhos